Montecolognola, tornano a splendere le antiche mura

Una storia lunga sette secoli raccontata dallo storico Sandro Tiberini in occasione dell’inaugurazione dei lavori di risanamento.

Sono in fase ormai avanzata i lavori di pulizia e risanamento delle mura di Montecolognola, iniziati nello scorso febbraio in attuazione di un progetto complessivo che prevede anche l’apertura di un percorso pedonale panoramico intorno alle mura stesse, allo scopo di valorizzarne al meglio l’aspetto. Ciò è stato possibile in quanto l’Amministrazione comunale di Magione è riuscita a sbloccare una situazione di stallo che si protraeva ormai da anni e che si è potuta risolvere grazie alla buona volontà di alcuni soggetti privati che hanno consentito di aprire al pubblico uso le loro proprietà, e permettere quindi l’avvio del cantiere. Il conseguimento di questo importante risultato è stato possibile anche grazie al ruolo di supporto e di stimolo esercitato dal Circolo Anspi di Montecolognola e al contributo dell’intera popolazione che ha sostenuto e sostiene l’opera dell’Amministrazione. Tale convinto apporto della collettività locale si è espresso attivamente anche nel recente passato: si ricordi infatti che il primo intervento di ripulitura di parte delle mura e di riedificazione dell’arco della Porta Nuova, crollato alla fine degli scorsi anni ’90, fu finanziato con i ricavi della festa paesana “Storia e tramonti” che si svolse dal 1991 al 2003. La scelta di investire risorse e competenze nel progetto mura di Montecolognola è stata anche motivata dal fatto che questa cinta fortificata è una delle più ampie e meglio conservate di tutto il territorio comunale.

La storia Di notevole imponenza e bellezza sono anche i cinque bastioni perimetrali e le due porte, una a Nord, detta Porta Nuova o Porta Fiorentina, e l’ingresso principale rivolto Sud, potentemente munito e con tracce di un ponte levatoio. Tale complesso edilizio fu costruito a partire dal 1296 da un gruppo di uomini della vicina Pian di Carpine, l’attuale Magione: si trattava di dipendenti di condizione servile che si erano sollevati contro i cavalieri Gerosolimitani signori del castello e della torre che dominavano e dominano il paese. I ribelli, con l’appoggio del comune di Perugia e nonostante le resistenze dei monaci-guerrieri detentori della signoria locale, nel giro di una quindicina d’anni portarono a termine la loro opera. Nel suo svolgimento e compimento l’intera comunità dovette essere attivamente coinvolta: secondo una tradizione locale infatti il trasporto del pietrame necessario avvenne tramite il “passamano”, cioè formando una lunga catena umana attraverso la quale il materiale litico estratto da una cava distante alcuni chilometri arrivava direttamente ai muratori impegnati nell’innalzare case e fortificazioni. In particolare la cinta muraria era ormai una realtà nel 1312 e da allora in poi avrebbe conservato intatta e immutata la sua integrità e la sua fisionomia, se si eccettuano due “brecce” ancora ben riconoscibili e anche databili con precisione: una a settentrione, di fianco alla Porta Nuova, praticata come pare nei primi anni del secondo dopoguerra per facilitare la circolazione dei mezzi motorizzati all’interno del centro abitato; l’altra invece che interessa il tratto di mura tra la Porta meridionale e il primo bastione di levante. Essa fu aperta a cannonate nel 1643 dalle truppe del Granduca di Toscana, come recita un’antica memoria tramandataci dalle carte della comunità locale: lunedì adì 3 agosto 1643 fu assediato Monte Cologna dall’esercito del Granduca, et il dì sequente preso per forza d’armi, con rompere le muraglie col’artigliarie, e tenuto per guerra sino alli 18 di luglio 1644. Da allora le mura non furono più risarcite, le case distrutte dal bombardamento non vennero riedificate e dai sedimi dove esse sorgevano si ricavarono orti.

Il rafforzamento In precedenza, tra ‘400 e ‘500, sono documentati alcuni interventi edilizi tendenti a rafforzare le difese del castello: nel 1481 infatti il comune di Perugia autorizzava la costruzione di una nuova torre. All’origine di tale deliberazione ci fu probabilmente la volontà di porre rimedio ai gravi danni che negli anni precedenti il castello aveva subito a causa del conflitto che aveva opposto papa Sisto IV ai Medici di Firenze, e nel quale Perugia e i suoi castelli al confine con la Toscana erano stati pesantemente coinvolti. Più tardi, nel 1537 furono gli stessi massari del comune di Montecolognola a incaricare due maestri muratori lombardi della costruzione di un torrione rotondo «de fori de la porta impresso el lago», cioè presumibilmente a difesa della Porta Nuova, che appunto guarda dalla parte del lago Trasimeno. Di questo torrione, se mai fu costruito, non è rimasta traccia, come non è chiaro a quale delle cinque torri della cinta muraria ci si riferisca nella delibera del 1481; ciononostante tali iniziative vanno messe in relazione alla necessità di predisporre una difesa in grado di far fronte all’utilizzo sempre più generalizzato ed efficace delle bocche da fuoco nelle operazioni militari di assedio. E in questo senso la scelta della forma cilindrica per il nuovo torrione la dice lunga sulla diffusione capillare del nuovo orientamento architettonico che raccomandava, quanto meno, l’utilizzo di superfici curvilinee per la realizzazione di manufatti in grado di attutire l’impatto dei proiettili.

Antico splendore Ciò detto, le vicende storiche delle strutture difensive che offrivano protezione agli abitanti di Montecolognola dimostrano come, nella edificazione, nella salvaguardia e nella manutenzione di esse, la popolazione nel suo complesso sia stata sempre direttamente e attivamente partecipe sin dalle origini del castello. Il quale del resto era nato non solo come puro e semplice luogo protetto ove risiedere ma anche come immagine materiale della ferma e orgogliosa volontà dei “padri fondatori” della comunità di emanciparsi da ogni tipo di oppressione e di servaggio. Ritengo infatti che il particolare disporsi delle abitazioni, le quali si concentrano nel settore sud orientale dell’area racchiusa dalla cinta muraria, mentre i settori settentrionali e occidentali rimasero sempre sgombri da costruzioni, se si eccettua la chiesa, non sia frutto di circostanze casuali. Al contrario i servi ribelli, divenuti uomini liberi, provocatoriamente vollero edificare le loro case in modo che i loro antichi padroni le avessero sempre sotto gli occhi e si convincessero che ormai indietro non si tornava e che gli abitanti del castello sarebbero stati sempre vigili ed attenti nel rintuzzare ogni tentativo di reazione signorile. In questo senso dunque la decisione di riportare per quanto possibile al loro antico aspetto le mura e le torri, erette con tanta fatica e determinazione dagli uomini e dalle donne che più di sette secoli fa si insediarono in questo luogo, rappresenta anche un omaggio e un doveroso riconoscimento all’ardimento di questi nostri lontani antenati ed alla lezione di coraggio e di dignità che ancora oggi ci trasmettono. Oltre a ciò la riscoperta e la valorizzazione di queste antiche vicende contribuiscono a mettere ulteriormente in luce il ruolo e l’importanza di quella civiltà delle autonomie comunali che costituisce la creazione più originale e feconda del medioevo, non solo italiano ma anche in generale europeo.

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