Inverno demografico e taglio delle cubature
(Corriere dell’Umbria / 10 agosto 2024) – Il drastico calo demografico, l’invecchiamento della popolazione, la riduzione dei flussi migratori in entrata, il tendenziale spostamento delle famiglie con bambini verso le realtà cittadine più ricche di servizi, il numero impressionante di case vuote nei centri storici, i tanti edifici abbandonati nelle campagne e la “nuova artificiosa giovinezza” assicurata nel mercato immobiliare dal “Superbonus 110” all’usato. Sono elementi diversi – ma accomunati tra loro – che definiscono un contesto, quello umbro, in cui secondo l’Istat la regione perde in maniera costante ogni anno circa 2mila abitanti e dove una casa su quattro è vuota. Eppure – in quasi tutti i territori della regione – i piani regolatori continuano a presentare vaste aree edificabili a destinazione d’uso residenziale. Zone che per ragioni demografiche, economiche e ambientali andrebbero cancellate con una rivoluzione dal basso che riveda in maniera rapida e decisa gli strumenti urbanistici dei comuni, anche con interventi legislativi ad hoc che potenzino la discrezionalità degli enti nell’operare in chiave di riduzione di consumo di suolo, favorendo la rinuncia volontaria da parte dei proprietari alle volumetrie in eccesso.
Tantissime di queste “cubature potenziali” inespresse, talvolta esorbitanti negli indici, ideate quando si credeva che la crescita della popolazione sarebbe stata continua in un trend mai calante, difficilmente troveranno un mercato. C’è scarsa richiesta, i costi di costruzione, oneri fiscali compresi, sono troppo alti, e – in ultimo – l’usato “rigenerato” a spese del pubblico erario durante la febbricitante stagione dei bonus edilizi ha determinato uno squilibrio in favore delle vecchie costruzioni non bilanciabile nel medio periodo.
Queste aree sono ormai divenute un peso insostenibile per gli stessi proprietari, costretti a giugno di ogni anno a versare le imposte sull’edificabile non ancora edificato, a un costo quasi pari a una seconda casa effettivamente esistente. Sono però un problema anche per la tenuta di valore nel tempo del costruito. Meno aree edificabili saranno presenti nei piani e più migliorerà la dinamica del riuso e del recupero, senza contare gli impatti ambientali negativi di nuove lottizzazioni che immancabilmente sorgerebbero nelle periferie, contribuendo ancora di più al declino dei centri storici.
Per queste ragioni è auspicabile cancellare queste vaste e inutili propaggini di edificabilità, destinate a una popolazione futura che non ci sarà. Un’operazione che deve evitare i contenziosi, da una parte stimolando la rinuncia volontaria dei privati alla cubatura, dall’altra fornendo strumenti d’intervento – a prova di Tar – a quei sindaci lungimiranti che desiderano tutelare il valore degli immobili esistenti, la vivibilità delle città e il paesaggio, salvaguardando il territorio da possibili speculazioni edilizie, nate magari da capitali di dubbia provenienza, che genererebbero solo invenduto e abbandono. Negli anni da sindaco di Magione sono stati rimossi dal piano regolatore 80mila metri cubi di edificabilità residenziale. È stata una delle più belle soddisfazioni di tutta l’esperienza di amministratore locale.